Andar Via
genesi
“Nulla è tanto dolce quanto la loro patria e famiglia, per quanto uno abbia in terre strane e lontane la magione opulenta”
Omero, Ulisse
Esiste un’urgenza nell’essere umano, direi da sempre, ed è quella di migrare, cercare nuovi spazi dove esistere e questo sia perché qualche volta l’ambiente in cui si vive è totalmente inospitale sia perché si segue un proprio desiderio, una spinta esistenziale , la volontà di cercare altrove la propria felicità, come dice Lacan il desiderio di avere un desiderio. Un’esperienza personale fa da corto circuito per una più ampia riflessione intorno al concetto di migrazione. Migrare è un fenomeno collettivo e individuale, riguarda le masse ma coinvolge direttamente i singoli individui , è un movimento di uomini ed un pulsare di sangue nelle vene , è cercare un luogo dove realizzarsi ma è contemporaneamente un perdere lo spazio da cui si proviene, è speranza ma anche forte nostalgia. Migrare è una fatica che lascia i suoi segni sul nostro corpo, sia se causato da necessità sia da progetto. Cicerone nel “ De re pubblica” parla del migrare come un’ uscire dalla propria vita.
concept
“ Solo chi è lontano si consuma per la patria e, nell’inquietante estraneità , impara a far ritorno al proprio, impara ad abitare. Figura esemplare è quella di chi si protende talmente fuori, da inoltrarsi nel mare. Pur nel timore, i naviganti salpano , si separano dalle ombrose foreste della patria, fanno rotta verso l’aperto, vegliando in trepida attesa, vigilando nella notte. I naviganti sono i poeti che anche in alto mare non perdono la rotta , seguono la via indicata dal destino, verso la patria che li attende e a cui aspirano. Non sono avventurieri, ne’ potranno mai diventarlo... (gli avventurieri) non hanno una rotta si perdono in una erranza senza ritorno”. ( Donatella Di Cesare “ Stranieri Residenti” cita Heidegger “ L’inno di Holderlin” ) Il progetto indaga il tema del viaggio, della migrazione nel senso più ampio del termine, non la pura e semplice questione di attualità ma il movimento di persone, che da sempre investe la storia umana, nella sua dimensione politica ma anche personale ed esistenziale. Per raccontare questo doppio registro, l’universalità e l’incidenza sulla vita individuale, sul proprio corpo, ho pensato di realizzare oltre a foto singole, rielaborate con materiale preso dal web, anche e soprattutto dei dittici che creassero un confronto metaforico tra la rappresentazione degli spostamenti migratori e la sofferenza di lasciare la propria terra, le cicatrici che disegnano il trascorrere del tempo nel corpo di un uomo. Un dialogo fotografico tra il movimento di gruppi, popoli o altro ed il vivere personalmente la migrazione fisica e psichica, quella dello spazio terrestre e di quello mentale. Raccontare quanto spostarsi possa incidere sulla propria esistenza, in “quell’abitare e-statico”, nel continuo uscire da se’, separarsi da se stessi, che è un perenne migrare. ( Heidegger “ Lettera sull’umanesimo “)